Più che il bello, lo specchio mi occorre per scorgere il brutto che è in me.
E per cercare di cambiarlo.
Ero certa di non essere un Narciso da quando avevo smesso di guardarmi negli specchi e nelle vetrine dei negozi per non vedere quella vecchina spettinata e pure antipatica che mi fissava maligna: preferivo non saperne niente e continuare a immaginarmi come una di quelle signore in età, tipo Liliana Segre, dolcemente autorevoli nei loro bei capelli bianchi e giro di perle. Poi per narcisistica curiosità mi sono specchiata in un libro e ho avuto una rivelazione non so se positiva o negativa: tutti gli umani e forse non solo sono narcisisti e tutti hanno la loro nicchia da cui fare danni a sé e agli altri. Nel mio caso potrei essere sistemata sotto l’etichetta del Narcisismo Fragile in quanto non mi piaccio, ma contemporaneamente anche in quella del Narcisismo Arrogante, perché penso di essere meglio di quello che sono; un po’ come quella influencer che su Instagram sta informando i suoi 2 milioni di follower “di aver iniziato un percorso per curare l’acne”, partendo quindi da un suo Fragile problema per arrivare all’Arroganza di pensare che il mondo se ne preoccupi, soprattutto dimenticandosi narcisisticamente che a 24 anni è già tardi.
Questa è una mia traduzione molto rozza della suddivisione che Arcipelago N. Variazioni sul narcisismo fa di questo amore- odio-amore che tutti noi abbiamo per noi stessi e per gli altri. Fortunatamente avrei evitato sino ad ora, pare, la variazione Narcisismo Maligno, quella che può scivolare nella psicopatia e che ci entusiasma nella serie Il Serpente , dove il protagonista (personaggio reale tuttora in vita) è un criminale seriale di massimo fascino che domina le sue donne e le obbliga a ogni nequizia, con parole, sguardi, carezze, sussurri, sfioramenti, bacetti, e senza chiedere il permesso!
Il saggio, che racconta tutti i misteri di Narciso, le meraviglie e gli orrori, è diviso in due parti: il Mito e la Diagnosi. Ma niente paura, l’autore, Vittorio Lingiardi, non è solo un professore ordinario di psicologia dinamica alla Sapienza di Roma, ma scrive anche poesie, è un cinecritico, recensisce libri e come psicoterapeuta è preparato ad affrontare anche i disagi di Narcisi e Narcise: il prof è autorevole e piacevole, e i suoi saggi, come questo, sono scritti sia per i sapienti anche più musoni, sia per noi un po’ zucconi. Infatti, circumnavigando tra Freud e Ferenczi, più una marea di scienziati del ramo, può per esempio ricordarci Gaslight ( Angoscia ), il film del 1944 di Cukor in cui il Narciso Psicopatico Charles Boyer vuole convincere la Narcisa Fragile Ingrid Bergman di essere pazza; oppure citare Gadda che scrive dei due Io (“uno…paonazzo e pennuto, teso e turgido… come un tacchino”, l’altro “con lo sfintere strozzato dall’avarizia… e i piedi sudati”), ma pure Melville di Moby Dick per cui Narciso “è l’immagine dell’inafferrabile fantasma della vita: e questa è la chiave di tutto”.
Che Narciso sia un mito che da sempre procura pensieri a chi pensa, lo sappiamo dalla nascita, come l’altro mito che tanto ci preoccupa, quello di Edipo, senza il quale non ci sarebbe la serie Strisce bianche (cioè di cocaina), in cui c’è un ragazzo che dorme con la bella mamma molto affettuosa di cui è innamorato mentre lei è innamorata di un di lui giovane amico che a lei si concede però ne ama la figlia. Cose edipiche di sempre, antiche e moderne (forse non opportune per la Rai). Narciso fanciullo bellissimo nato da uno stupro (colpevole il fiume Cefisio, difficile da processare e condannare), fa innamorare tutti, ragazze e ragazzi, ma lui è indifferente, fin quando la ninfa Eco gli getta le braccia al collo facendolo inorridire: il disprezzo annienta la povera Eco e qualcuno augura a Narciso di innamorarsi anche lui senza speranza. Infatti chinandosi a una fonte per dissetarsi, si innamora perdutamente dell’immagine che lo riflette, di sé, come racconta Ovidio nelle Metamorfosi . “S’illude e vagheggia se stesso; è attratto dall’altro e lo attrae; si cerca, e il se stesso lo cerca: s’infiamma del fuoco che ha acceso.
“Passando dal mito al caso clinico, il bellissimo Narciso che può amare solo se stesso, può arrivare, ci terrorizza Lingiardi, all’orribile Trump, cui ancor prima che si insediasse alla presidenza degli Stati Uniti, nel 2016, molti psichiatri avevano assegnato la diagnosi di Narcisismo Maligno, con tratti paranoidi, antisociali e sadici. Che si ingigantirono con la sua sconfitta, inaccettabile per una persona che si crede onnipotente, meritevole di ogni diritto, ed è bugiarda, misogina e bullista. Un Maxinarciso. In politica ne abbiamo anche noi di Narcisi, però soprattutto del tipo Fragile, quindi poco dannoso, anche se purtroppo non di eccelsa utilità.
Anche chi non dedica pensieri a Narciso e alle sue tribolazioni e vanterie, può restare affascinato dalla continua ricerca dei suoi infiniti significati da parte di chi non te lo aspetti, come il massimo scrittore (lo dico al maschile per dire più grande di tutti, femmine e maschi, compreso il marito Alberto) Elsa Morante, di cui Lingiardi ha scoperto su un numero del Mondo degli anni ’50 un piccolo scritto, I tre Narcisi , due uomini e una donna innamorati di sé. Un Narciso felice, un Narciso furioso e un Narciso infelice, la donna: “Nel tempo stesso che si odia e si disprezza, Ludovica si adora. In lei convivono due narcisi di cui l’uno adora l’altro, che purtroppo non lo ricambia”. Il brusio di queste noiose incontentabili si sta facendo sempre più imperioso, ci adatteremo per buon carattere.Ricordando il tempo in cui l’amore era lieto anche quando infelice, chiedo ad Arcipelago N la risposta a una mia curiosità: se oggi ci amiamo tanto da sospettare di non essere amati ma solo usati e violati, come facciamo ad amare l’altro in modo che ci ami senza usarci e violarci? Lingiardi lo spiega rivedendo un film abbastanza recente Storia di un matrimonio di Noah Baumbach, col resoconto di come “l’odio possa scaturire dall’amore, il disprezzo dalla tenerezza, la diffidenza dalla fiducia, il rancore dalla devozione”. È una descrizione illuminante di come l’innamoramento non basti a far durare l’amore, perché “su questo amore c’è l’ipoteca della miopia narcisistica: in modi diversi non vedono lo spazio di cui l’altro ha bisogno per crescere”. Lei pensa di essere prigioniera senza esserlo, lui non capisce di occupare troppo spazio nella vita di lei. Ognuno rinchiuso nel proprio orgoglio narcisista, non possono che perdersi, nella paura dell’altro. Figuriamoci a quali livelli di Narcisismi siamo arrivati adesso che in solitudine e addirittura in clausura, con la paura e nello stesso tempo il bisogno del lontano e dell’intoccabile, ci siamo accaniti sui social e coi selfie, in una esibizione infinita che non ci rappresenta e sta mutando la nostra specie. Questo lo penso io, ed è ovvio che il professor Lingiardi che è anche il mio amico Vittorio dedichi pagine molto belle alla diagnosi dei disturbi narcisistici di questo tempo, forse amplificati e alterati dalla pandemia virale e tecnologica.
Mi chiedo, ma non oso chiederlo allo specialista per non essere sgridata, se prima non ci fosse anche un nostro vecchio Narcisismo Bonaccione (non diagnosticato ovvio) ormai cancellato dall’ingigantirsi di quelli segnalati dagli esperti, oppure trasformato in Narcisismo Questuante (anche questo mia fake diagnosis ).Alla fine Lingiardi sa come consolarci della nostra narcisità, qualunque sia, ricordando un sentiero indicato da Papa Francesco nella sua omelia del Natale 2015, che richiama tutti noi a uno stile di vita “colmo di pietà” e capace di contrastare “la cultura dell’indifferenza” di questa società “di apparenza e narcisismo”.
(Fonte: Repubblica)