Taluni mali del sistema Giustizia sono “… divenuti nel tempo, insieme ai gravi fatti degli ultimi anni, causa di una progressiva e dannosa erosione di fiducia da parte di cittadini, operatori economici e osservatori internazionali”.
Sono parole della Ministra della Giustizia Marta Cartabia, pronunciate qualche ora fa, che sollecitano un breve ripasso – limitandoci ai soli principi – di quanto ci dice la Costituzione sulla Magistratura italiana.
Dalla Parte II, Titolo IV della Carta evinciamo in primis che la giustizia è amministrata “in nome del popolo”, con i giudici soggetti solo alla Legge (art.101).
Questo significa che è la Legge che disciplina l’azione dei giudici e che questi, attraverso le sentenze, parlano in nome del Popolo italiano, e dunque non a titolo individuale.
Ciò è tanto vero che, ai sensi del successivo art.102, comma 3, la legge regola addirittura i casi e le forme della partecipazione “diretta” del popolo all’amministrazione della giustizia.
La Magistratura – ci dice l’art. 104, comma 1 – costituisce un ordine “autonomo e indipendente” da ogni altro potere. Le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge, che – ribadisce il successivo art.108 – assicura “l’indipendenza” dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia.
Con ogni probabilità, non dobbiamo dunque rimproverare nulla ai nostri Padri costituenti.
La Giustizia, tuttavia, è fatta da uomini. Che, nell’esercizio delle loro funzioni, rappresentano il popolo italiano. Di quel popolo devono costantemente meritare la fiducia.
Stante infatti il divieto di farsi giustizia da sé, se non in casi davvero eccezionali, il cittadino che si assuma leso nei propri diritti non può far altro che fare appello al popolo del quale è parte.
Rivolgendosi a loro…
Poche Regole chiare, ci salveranno tutti!