Ospitare un G20 è un grande onore ed una grande responsabilità.
L’evento sollecita ogni buon giurista che si rispetti a rinvenirne le coordinate costituzionali, tra le quali spicca senz’altro – visto anche il motivo che lo ha originato – l’art.11 della Costituzione.
Alla cui stregua, se da un lato l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alle libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali, dall’altro il nostro Paese consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento internazionale che assicuri la Pace e la Giustizia tra le Nazioni, promuovendo e favorendo le organizzazioni, del pari internazionali, rivolte a tale scopo.
I nostri Padri costituenti ci hanno detto che con la guerra (salvo il solo caso in cui fossimo attaccati: e lì difendere la Patria sarebbe un “sacro dovere” del cittadino ai sensi dell’art.52 della Carta) noi Italiani abbiamo un pessimo rapporto.
Ne abbiamo invece uno ottimo con la cooperazione internazionale orientata a garantire un ordinamento “globale” governato dai Valori della Pace e della Giustizia tra i Popoli e le loro culture.
Qualche sacrificio in queste ore, per chi vive a Roma, trova allora una giustificazione costituzionale tale da farlo sopportare con leggerezza e, insieme, con orgoglio.