Giulio Bacosi

La scelta di Isabel

“Sport” non è una parola greca né latina. Ma i Greci, inventori delle Olimpiadi “ferma-guerre”, il concetto ad essa sotteso lo conoscevano bene… Eppoi lo Studio: non è forse esso uno “Sport della Mente”…?

Tokyo 2021 era lì a un passo. Anzi: per la precisione a quattro secondi. Chissà, forse con cinque o sei settimane di allenamenti intensi, conclusi magari con una gara tirata, Isabel Mattuzzi, ventiseienne di Rovereto, nel verde della val d’Adige tra il Garda e Trento, avrebbe potuto abbassare il suo record personale sui 3.000 siepi (che è di 9 minuti e 34”) limandolo a 9’ e 30”. Ovvero il minimo fissato per la partecipazione alle Olimpiadi che — Covid permettendo — dovrebbero iniziare il 23 luglio.

Isabel però ha rinunciato a quest’avventura. Una scelta che non è arrivata all’ultimo. Ma è stata ponderata «da mesi, se non da anni», seppure annunciata all’improvviso, domenica, con un post su Facebook divenuto virale nelle pagine web di sport. Una decisione, inoltre, condivisa con i vertici delle Fiamme Gialle, la società sportiva della Guardia di Finanza che primeggia da sempre nell’atletica e con la quale la mezzofondista è tesserata dal novembre 2019.

Isabel, domanda a questo punto inevitabile: ma perché lasciare l’azzurro in prossimità di una gara olimpica, il sogno di ogni atleta? Lei, che è una ragazza profonda e «assai rigida di carattere», laureata con 110 e lode in Lettere classiche, al telefono risponde d’un fiato: «Corsa e vittoria non sono mai stati il mio obiettivo. Dalla vita voglio altro, diventare archeologa e, semmai, come “piano b”, insegnare greco e latino alle superiori».

Nel 2018 e 2019 Isabel è stata campionessa nazionale nelle siepi, agguantando un primato personale sulla distanza che rappresenta la seconda prestazione assoluta italiana. Ma i dubbi sul suo progetto olimpico e sul futuro in canotta azzurra sono esplosi quando per proseguire la vita sul tartan ha dovuto rinunciare all’Erasmus. «Avevo già chiesto Atene dove volevo perfezionare la tesi che poi ho discusso sui palazzi micenei» racconta con rimpianto. I suoi tecnici le avevano anche dato il via libera, pianificando un programma d’allenamenti che conciliasse il periodo di studio all’estero. «Ma io sapevo che se fossi partita mi sarei lasciata andare». Questa trentina naïf usa proprio quest’espressione che poi corregge, chiarendo che «mi sarei dedicata a ciò che più mi piace: lo studio, l’archeologia sul campo. Il mezzofondo sarebbe diventato secondario. Così ho rinunciato alla Grecia per continuare a correre».

Ma giorno dopo giorno, ripetuta dopo ripetuta, scatto dopo scatto, «dentro di me si è fatta strada una strana sensazione: mi sentivo in colpa perché non stavo facendo quello che veramente sognavo, lo studio».

Il podismo è entrato nella vita di Isabel — una sorella più piccola, mamma insegnante e papà finanziere — alla Forrest Gump: «Dopo aver provavo un po’ tutti gli sport da bambina, ho cominciato a correre attorno ai tredici anni. Percorrevo diciotto o venti chilometri, ma era solo per vedere posti sconosciuti: camminare mi spazientiva». È stato grazie alla prof di educazione fisica delle medie che Isabel si è messa a disputare corse campestri, tesserandosi poi con la «Quercia» di Rovereto, la squadra per cui, virando verso le siepi, ha sempre gareggiato prima di passare alle Fiamme Gialle.

I risultati sono arrivati con gradualità, le finali europe, i titoli nazionali, «sempre bilanciando studio e corsa» ma sempre con quell’inquietudine: era la cosa giusta? «Non ne avevo bisogno, i miei mi avrebbero aiutato: ma ho sempre pensato che l’atletica fosse un mezzo per pagarmi gli studi». Ora che è alle prese con la magistrale in Archeologia classica, — «mi manca solo un esame e poi penserò al dottorato» — i Giochi le sono parsi un ostacolo inutile. «Sacrificavo troppo e la testa era già su una tesi specialistica che prevede il greco». Nessun rimpianto per la sfida olimpica dei 3.000 siepi: «La guarderò in tv, tifando per le azzurre».

(Corriere della Sera)

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