Una Donna dal grande Coraggio. Che Magris ricorda il 1° Maggio.
Da par Suo.
A una certa età chi ha passato la vita a leggere continua a farlo, con altrettanta passione, ma è spinto anche a rileggere libri amati e a scoprirli un’altra volta, in una luce talora diversa. Non è solo la nostra storia personale che si proietta sullo spirito con cui si rilegge un libro; anche il tempo storico in cui si vive, la nuova realtà intorno a noi modificano la nostra lettura, valorizzano certe pagine che erano sbiadite o ne sbiadiscono altre.
Ad esempio ho ripreso in mano, pur ricordandomela bene, la lettera che Rosa Luxemburg, nel dicembre del 1917, scrive, dall’orribile carcere di Breslavia dove è reclusa, alla moglie di Karl Liebknecht, leader insieme a lei del movimento rivoluzionario spartachista tedesco, schiacciato nel sangue in quegli anni in cui la Prima guerra mondiale finiva, in Germania, nella spietata violenza di una guerra civile, negli scontri fra Destra e Sinistra. Rosa Luxemburg morirà due anni dopo insieme a Liebknecht — assassinata a colpi di calcio di fucile dai Corpi Franchi dell’esercito tedesco, le formazioni militari-paramilitari della Destra radicale.
Di quella lettera ricordavo intensamente, come tutti quelli che la conoscono, l’indelebile partecipazione al dolore di tutti i viventi, la forza con cui narra di quei bufali che dal suo carcere Rosa vede arrivare tirando i carri dell’esercito, sottoposti a violenze brutali inflitte loro per puro divertimento, piacere di colpire e di farli soffrire, l’infinita e sfinita tristezza negli occhi dell’animale, il suo sudore sporco di sangue. Come tutti i lettori di quelle pagine ero stato segnato dalla pietas nei confronti di ogni essere vivente; dalla sofferenza della bestia che, come hanno scritto altri grandi autori, getta una fosca ombra anche sull’Umanesimo, sul primato assoluto dell’uomo, signore della Creazione ma anche signore che macella e ama macellare.
La lettura recentissima si è soffermata soprattutto su un altro aspetto della lettera, sull’incredibile capacità di felicità dell’autrice pure nella sua angosciosa condizione. Tutto ciò che lei sta vivendo e soffrendo e la consapevolezza di ciò che l’attende non soffocano la felicità, grandiosa parola in quella situazione; la gioia di poter guardare, pur dalla sua prigione, i prati, la luce delle diverse ore, i fiori, l’oscurità della notte «bella e soffice come un velluto», le bacche di sambuco, le foglie lunghe e sottili, il fruscio del vento, musicale come i Lieder che lei ama tanto.
Prigionia
Nel suo terzo Natale passato in prigione, anticamera della morte feroce che le verrà inflitta, non conosce l’abbattimento o la paura
È un’esperienza forte leggere Rosa Luxemburg in questo tempo di Covid che sembra infinito e, oltre a tante sciagure, ha creato e crea in molti una stanchezza accidiosa, indebolisce spesso rapporti e legami, inaridisce la gioia. Alcuni scrittori hanno dichiarato che, nei giorni di lockdown, quello spento tempo libero spegneva la loro voglia di scrivere e ottundeva quella di vivere. Naturalmente ci sono state e ci sono reazioni opposte e ci sono state e ci sono difficoltà ben più pesanti, indigenza e miseria che a molti rendono problematico procurarsi l’elementare sopravvivenza e, per alcune categorie di lavoratori, rendono durissima la fatica quotidiana.
Leggere e rileggere Rosa Luxemburg è anche un vaccino contro l’attenuarsi della gioia di vivere, della passione, dell’entusiasmo. Il Covid ha creato in molti la sensazione che la Storia sia sostanzialmente finita, che l’assetto attuale sempre più diffuso e simile nel mondo sia una realtà globale e definitiva, che nulla possa contrapporsi all’ordine dei vincitori nelle battaglie del Mercato e che non ci sia compassione per i tanti caduti, per i tanti umiliati e offesi in quelle battaglie.
Nel suo terzo Natale passato in quella prigione, anticamera della morte feroce che le verrà inflitta, Rosa Luxemburg non conosce l’abbattimento, la paura, la depressione. «Carissima — scrive alla moglie di Liebknecht — siate nonostante tutto serena e lieta… Impavidi e sorridenti, nonostante tutto… siate coraggiosa, mia piccola ragazza… Tutto si volgerà al meglio, non bisogna temere sempre il peggio… È il mio terzo Natale in gattabuia, ma non fatene una tragedia — il mio cuore pulsa di una gioia interiore inconcepibile e sconosciuta, come se andassi camminando su un prato fiorito… e nel buio sorrido alla vita. Buon Natale».
(Corriere della Sera, 1 maggio 2021, pag. 36)