Si dice che la “forma” è “sostanza”.
Ma qui c’è anche – a tacer d’altro – educazione, buon gusto…
Due poltrone per tre presidenti. Si è trasformato in un incidente diplomatico l’incontro tra Recep Tayyip Erdogan e i rappresentanti dell’Unione europea Ursula von der Leyen e Charles Michel. Giunti ad Ankara per far ripartire le relazioni tra la Ue e la Turchia, ma anche per esternare la loro preoccupazione per il ritiro del Paese dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne lo scorso 20 marzo, la presidente della Commissione e il presidente del Consiglio europeo si sono trovati di fronte a uno sgarbo protocollare: nella sala del sontuoso palazzo presidenziale c’erano solo due poltrone con le rispettive bandiere alle spalle.
Michel e Erdogan non hanno esitato e si sono seduti davanti a von der Leyen, stupita, in chiaro imbarazzo e irritata. Alla fine la leader europea ha fatto un cenno con la mano destra e, mugugnando un «ehm» di disapprovazione, si è posizionata su un divano di fronte al ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, che però è al di sotto di lei nel protocollo diplomatico. L’increscioso episodio, immortalato dal video ufficiale dell’incontro, è subito rimbalzato sui social con l’hashtag #sofagate. In molti si sono chiesti come mai Michel non abbia reagito. In diplomazia, ma non solo, la forma è sostanza. E la critica più diffusa investe la credibilità dell’Ue nel chiedere il rispetto dei diritti delle donne, quando il presidente del Consiglio europeo ha permesso che von der Leyen fosse messa a margine.
Tanti hanno letto lo sgarbo come un atto di sessismo. «La sedia di #vonderLeyen diventa la bandiera dei valori europei e la vergogna di #Erdogan» ha twittato il segretario del Pd, Enrico Letta. E il gruppo del Ppe al Parlamento Ue ha detto: «Qualcuno dovrebbe vergognarsi per la mancanza di un posto adeguato per von der Leyen nel palazzo di Erdogan». Indignati anche i gruppi dei socialisti. La parola ehm «è il nuovo termine per dire: non è così che dovrebbero essere le relazioni Ue-Turchia», ha detto dei Verdi. Per eurodeputati della Lega «è ora che Bruxelles stacchi la spina dei negoziati con il dittatore».
Ieri in tarda serata Michel ha detto che «pur percependo la natura deplorevole della situazione» lui e von der Leyen hanno «scelto di non peggiorarla creando un incidente pubblico». Ha parlato di «situazione desolante» prodotta dall’«interpretazione stretta delle regole protocollari da parte dei servizi turchi». Tuttavia il 16 novembre 2015, in un incontro allo stesso livello, a margine del G20 presieduto dalla Turchia ad Antalya, entrambi i leader Ue dell’epoca, Jean-Claude Juncker e Donald Tusk, vennero fatti accomodare su due poltrone equidistanti ai lati di Erdogan. Lo stesso era accaduto altre volte. Qualcosa non deve avere funzionato nell’organizzazione perché è evidente che von der Leyen non era stata nemmeno avvertita della disposizione dei posti. E di solito il cosiddetto scene setter è un momento importante nella pianificazione della visita. «Von der Leyen si aspetta di essere trattata secondo le regole protocollari e ha chiesto ai suoi di fare in modo che questi di incidenti non si ripetano mai più» ha spiegato ieri il portavoce della Commissione, Eric Mamer, sottolineando che la presidente «ha scelto di concentrarsi sulla sostanza dei problemi».
Per Carlo Marsili, ex ambasciatore italiano in Turchia, «quando si prepara una visita ci sono due parti che decidono che succede: uno è il protocollo locale, in questo caso turco, l’altro quello dell’ambasciata della delegazione ospite». L’ambasciatore Ue in Turchia è il tedesco Nikolaus Meyer-Landrut, consigliere di Merkel dal 2011 al 2015: «Bastava che esigesse parità di trattamento» dice Marsili.