Transizione burocratica: assai più di un’espressione accattivante.
Qualcosa, piuttosto, da inverare “con la migliore sollecitudine possibile”.
Non ci sarà una grande riforma della pubblica amministrazione, «perché l’ho già fatta l’altra volta» e ora «non c’è tempo». Servono invece interventi rapidi e mirati, ha detto ieri il ministro della Pa, Renato Brunetta (che ricoprì lo stesso incarico tra il 2008 e il 2011 nel governo Berlusconi), illustrando nelle commissioni parlamentari il suo programma. A partire dallo sblocco delle assunzioni. Via, quindi, ai concorsi fermi per il covid. Si svolgeranno con modalità on line, in università, fiere e altri luoghi ad hoc «dotati di piattaforme tecnologiche dove ospitare un numero ampio di candidati. Si potrebbe partire nell’arco di qualche settimana». Dobbiamo «cambiare reclutamento e accesso nei prossimi 2-3 mesi, altrimenti i soldi dell’Ue non li prendiamo», perché essi arriveranno solo se l’Italia dimostrerà di saper realizzare i progetti. E per farlo serve personale adatto.
Nel documento che Brunetta ha consegnato alle commissioni si annuncia «un rapido ricambio generazionale» nel pubblico impiego, considerando che l’età media dei 3,2 milioni di dipendenti è di 50,7 anni. Ma non si può farlo rispettando le normali procedure di concorso che durano in media 4 anni. Ci sarà lo sblocco dei concorsi, ma c’è anche urgente bisogno di «profili tecnici: ingegneri, architetti, geologi, chimici, statistici, ma anche di competenze gestionali per mettere a terra» i progetti del Recovery plan. Per questo saranno introdotti «percorsi ad hoc per selezionare i migliori laureati» e «meccanismi di selezione volti a ricercare sul mercato le migliori professionalità tecniche». Ciò avverrà «in collaborazione con università, ordini professionali e settore privato». Inoltre, «per rafforzare il ricambio generazionale», il documento ipotizza «un meccanismo volontario di incentivi all’esodo di persone vicine all’età pensionabile». Le novità prenderanno forma in un decreto legge che accompagnerà il Recovery plan a fine aprile, ha detto il ministro. Che, in premessa, ha ammesso gli errori passati. «Per troppo tempo, e qui dobbiamo fare tutti un mea culpa, abbiamo visto la Pa come un costo. Con la pandemia, invece, abbiamo visto che se non ci fossero stati infermieri, medici, forze dell’ordine, questo Paese si sarebbe disgregato». Ora si cambia, ma recuperando lo spirito di «coesione sociale» che ispirò il governo Ciampi nel 1993. Oggi, ha confermato Brunetta, a palazzo Chigi, il premier Mario Draghi sottoscriverà l’intesa con i sindacati per l’innovazione della Pa. Che sbloccherà anche il rinnovo dei contratti e avvierà la regolamentazione dello smart working, che «non va demonizzato ma neppure ritenuto un toccasana».
I giovani sono stati al centro anche degli interventi di tre ministri al convegno dell’Asvis sul Recovery plan. «Oggi il mio datore di lavoro sono i giovani», ha detto il responsabile dell’Innovazione Vittorio Colao, che ha declinato le 5 priorità del suo programma di digitalizzazione del Paese: banda larga; Pa; sanità; istruzione e ricerca; cyber security. Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha invocato una «transizione burocratica», senza la quale «possiamo avere idee fantastiche» che però resterebbero sulla carta. Infine, Elena Bonetti, ministra per le Pari opportunità, ha detto che col Recovery plan verrà introdotta «la valutazione di impatto di genere ex ante ed ex post» sui progetti d’investimento.
(fonte: Corriere della Sera)