Nel giorno in cui festeggiamo la Donna, siamo ad un tempo reduci dalla più importante kermesse canora dell’anno. Tra mille difficoltà, in un contesto davvero complicato e senza pubblico, l’intrattenimento dal Festival di Sanremo non è mancato ai telespettatori italiani.
Né, va rammentato, è mancato a quel pubblico “nostrano” esterno all’Italia: a chi vive anche molto lontano, ma ha nel cuore il nostro Paese perché in esso sa di affondare le proprie, più o meno remote, radici personali e familiari.
E se volessimo declinare il Festiva secondo Costituzione?
Viene subito in mente l’art.21, secondo il cui incipit – generalmente noto – tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Volendo assecondare le curiosità di qualche critico del Festival, pochi ricordano invece come si chiude la ridetta disposizione costituzionale: secondo l’ultimo comma dell’art.21, decisamente tranchant, sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al “buon costume”, la legge dovendo stabilire provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le pertinenti violazioni.
Si. Ma cosa è il buon costume?
Un concetto “elastico”, dicono i giuristi: che muta al mutare dei tempi, ad essi costantemente adeguandosi. E che fa i conti con quanto – con pari perentorietà – ci insegna l’art.33 della Costituzione, alla cui stregua l’Arte, come la scienza, è libera, e libero ne è l’insegnamento.
La dimostrazione, una volta di più, che la Carta va letta tutta, cercando di tenere vive le disposizioni che la animano attraverso una sapiente – quantunque non sempre agevole – lettura del “combinato disposto” che la innerva.
Trovo particolarmente bello ricordarlo nel giorno in cui l’Arte, i Colori ed una mirabile Saggezza della Pazienza sembrano quasi fondersi in quel Gentil Sesso che oggi tutti convintamente festeggiamo.
Poche Regole chiare, ci salveranno tutti!