Qualunque cosa “visibile” ha le sue “correnti invisibili”.
Tutto sta a saperlo. E a cercare, saggiamente, di individuarle.
Il vero problema del Pd non è che si litighi. In fin dei conti la lite, a sinistra, è uno degli ultimi tratti identitari. E dunque il fatto che nel Pd si litighi è la conferma che sì, si tratta davvero di un partito di sinistra.
Il vero problema del Pd è che si fa una tremenda fatica a capire, fuori da quelle stanze, perché si litiga. La sola sostanziosa, rispettabile ragione di divisione politica, comprensibile quasi a chiunque, è che una parte del partito punta a un rapporto strategico con i cinquestelle; un’altra parte non li regge proprio, e guarda al centro liberal-democratico. Grosso modo, si tratterebbe dunque di una riedizione dell’antica disputa tra movimentisti e moderati. Niente di così nuovo sotto il sole: ci si scanna nelle sezioni, ammesso di ritrovarne l’indirizzo, e vinca il migliore.
Ma tutto il resto è veramente imperscrutabile, a partire dalle cosiddette correnti: chiedete a qualcuno di spiegarvi la differenza tra zingarettiani e franceschiniani, anche dandogli una settimana di tempo per prepararsi, e quello vi supplicherà di fare la domanda di riserva; chiedete ancora perché mai nel Pd c’è una componente renziana, nonostante Renzi abbia levato le tende, e nessuno, nemmeno gli ex renziani, sarebbe in grado di spiegarvelo.
La verità è che la categoria più penalizzata dalla morte della politica sono proprio i politici. Vano il loro sforzo di farsi capire, costretti come sono a parlare (e litigare) tra di loro per questioni che lasciano indifferente perfino gran parte dei loro elettori. Hanno tutti gli oneri del potere e nessuno degli onori della leadership, coinvolgere, emozionare, guidare. La solitudine di Zingaretti è da dividere, equamente, tra tutte le correnti.
(Michele Serra, Repubblica de 5 marzo 2021)