Quando parla un Giudice della Repubblica, ed in particolare il Supremo interprete della Costituzione, la Corte costituzionale (le cui sentenze peraltro, e come noto, non sono impugnabili), occorre rispettoso silenzio.
Comunque la si pensi.
Il cognome paterno ai figli? Un «retaggio patriarcale» che deve finire e necessita di un intervento legislativo. «Non sia automatico». Questo l’esplicito invito della Corte Costituzionale.
Roma «Ci siamo. È la spallata finale!».
Gian Ettore Gassani, da presidente dei matrimonialisti, perché esulta? Spallata a cosa?
«Al paternalismo che impera nel nostro Paese e deriva da tradizioni secolari, ma non dalla Costituzione che sancisce l’uguaglianza indipendentemente, soprattutto, dal sesso. Ma non è così».
Certo, in molti campi. Ma per qualcuno il patronimico è un falso problema. Non lo pensa?
«Molti lo credono. Invece è una cartina di tornasole».
Perché?
«Dimostra quanto, al di là di tutti i discorsi, l’asticella culturale del nostro Paese sia, su questo fronte, ancora piuttosto bassa».
Cosa intende?
«Rifletta. Siamo ancora alla figlia che porta il nome del padre, che come un oggetto viene consegnata, sull’altare, al marito il quale ne assume il comando. È un essere procreativo, non sociale».
Addirittura?
«Certo. Secondo un paternalismo di retroguardia che stenta a finire, lei può anche procreare dieci figli ma non ha diritto di assegnare a nessuno il proprio cognome. E questo cos’è?».
Dica lei: cos’è?
«Un sintomo di inferiorità. Ma è così solo da noi. In tutta Europa è diverso. Se la donna vuole può dare il proprio cognome ai figli. Da noi è costretta a sotterfugi».
Sotterfugi?
«Sì, deve fare in modo di riconoscerlo prima del marito. Ma le pare?».
Adesso cosa accadrà?
«Quello che la Consulta chiede da anni al Parlamento ma il legislatore continua a far finta di non sentire».
Ovvero?
«Va trovata una soluzione. Adesso il legislatore dovrà finalmente porre mano al codice civile. E consentire alle coppie di scegliere».
A Bolzano i genitori avevano scelto di comune accordo. Non va bene?
«No. Saremmo sempre appesi al buon cuore del marito. Perché se l’accordo non c’è chi pensa che decida?».
Allora qual è la soluzione?
«Il doppio cognome. Basta aggiungere un comma alla norma e dire che devono avere il cognome di entrambi. Si può fare. Subito. Lo si faccia».
(Fonte: Il Corriere della Sera)