In queste ore di crisi e consultazioni, di parole e gesti dalla collaudata ritualità istituzionale, sentiamo sovente citata una crisi diversa e, in qualche modo, assai più sostanziale che formale.
E’ la nota crisi a triplice declinazione: sanitaria, economica e sociale.
Ora, un vecchio detto popolare ci rammenta testualmente: “quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”.
Potremmo aggiornarlo forse così: “quando la partita è difficile, convochiamo i giocatori migliori”.
Eh si, ma chi sono i migliori?
Sono i più bravi, quelli della competenza (non necessariamente tecnicistica) e delle capacità.
In altre parole, quelli del merito.
Troviamo il merito in seno alla nostra Costituzione?
Vorrei ricordare in proposito due norme emblematiche.
Stando all’art.34, comma 3, della Carta, i capaci “e meritevoli”, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi: una sorta di diritto allo studio “rinforzato” per chi è bravo, capace, meritevole.
Ancora, secondo l’art.59, comma 2, il Presidente della Repubblica – che, salvo rinunzia, sarà senatore a vita (comma 1) – può a propria volta nominare senatori a vita cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi “meriti” nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario (mai comunque in numero superiore a 5: comma 3).
I Padri costituenti hanno dunque voluto il “merito” nella scuola e nelle istituzioni.
Cerchiamo di farne tesoro e di non dimenticarcene mai, soprattutto in momenti – come quello attuale – di “tricefala” (o “quadricefala”) crisi.
Poche Regole chiare, ci salveranno tutti!