Il cammino verso la Consapevolezza è lungo ed arduo.
E tuttavia, se pensiamo all’anagrafica dell’Universo (miliardi di anni) e a quella dell’Uomo (migliaia di anni), paragonate alla pulviscolare durata delle nostre vite, su quel cammino appare imprescindibile mettercisi.
Una lente sotto la quale tutto assume una dimensione e una coloritura completamente diversa.
Dimmi come respiri e ti dirò chi sei. Dalla nascita, dal primo soffio vitale, fino al pianeta Marte, dove, forse, un giorno, ci ritroveremo nuovamente a respirare. Parola di insegnante e di scienziato. La prima, risponde al nome della milanese Ada Servida Vento, sociologa e docente di lungo corso di Yoga; il secondo, invece, è Angelo Gemignani, medico e, tra le tante altre cose, direttore del Dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’Area Critica dell’università di Pisa.
Parlando di «Respiro» e di quanto sia fondante nella disciplina dello Yoga — al quale il Corriere dedica un’intera collana la cui seconda uscita, Il respiro. Significati e pratica del soffio vitale è in edicola da oggi con il Corriere della Sera e con La Gazzetta dello Sport — partiamo proprio dagli studi del professore toscano sullo stress e sul respiro degli astronauti in una simulazione di volo su Marte. In realtà, i sei protagonisti hanno vissuto una classica situazione di confinamento spaziale: un lockdown in versione scientifica.
«Diciamo subito che siamo già, dal 2007 a oggi, al terzo grande progetto su stress, sonno e capacità cognitive degli astronauti: non abbiamo fatto altro che monitorare per 520 giorni — il tempo che intercorre tra la partenza, l’arrivo e il ritorno sulla Terra di una probabile missione sul Pianeta rosso — sei astronauti di nazionalità diversa». Il risultato? «Esistono alcune tecniche meditative, prese in prestito dalla respirazione dello Yoga, che aiutano a combattere quel senso di isolamento e soprattutto il bombardamento di particelle ionizzanti che inducono l’invecchiamento precoce del nostro organismo», risponde Gemignani, il quale si è servito dello Yoga e della sua scienza pratica del soffio vitale, il «Pranayama» — che ha la funzione di rilassare la mente e consente l’accesso a una dimensione che trascende dall’Io —, per cercare di arrivare ad una sorta di ingegnerizzazione del respiro.
Naturalmente, non è necessario recarsi su Marte, o in Tibet, per scoprire in che modo respiriamo e quanto diamo per scontate le azioni legate all’inspirare e all’espirare, da diverso tempo, ormai, celate da una mascherina protettiva a causa dell’emergenza sanitaria. «Peccato, però, che il nostro pensiero occidentale sia essenzialmente figlio del cartesiano “Cogito ergo sum”, più che del “Respiro dunque sono”», nota Ada Servida, avvicinatasi allo Yoga, in quanto affascinata dal fatto che potessero esistere momenti di esperienza con il proprio respiro che modificavano lo stato di coscienza. In piedi, o da seduti, fa lo stesso.
«Per la verità, nel corso delle prime lezioni, suggerisco semplicemente di poggiare la mano sull’addome per capire che anche da lì passa il respiro; dopodiché, invito ad effettuare dei semplici movimenti, come allargare le braccia o piegare le gambe perpendicolarmente al tronco — nella classica posizione del “PavanaMuktasana”, o del rilascio dei venti —, in modo da comprendere che non siamo rigidi e che può esserci sintonia tra corpo e mente», aggiunge la sociologa, formatasi alle lezioni di Gabriella Cella: «Una delle primissime donne a fondare una scuola di Yoga in Italia».
Respiro, posizioni — dette «asana» — e stati di quiete possono essere ripetuti per una quindicina di minuti ogni giorno, nella propria stanza: «Provando a lasciare fuori dalla porta l’automatismo del pensare alle cose da fare e la respirazione automatica. Recuperando, invece, le tre forze vitali dello yoga: fisiche, respiratorie e psichiche», conclude l’insegnante e studiosa dello Yoga.
Ci vogliono pratica e dedizione ma, in generale, basta partire da minimi esercizi, ricorda Gemignani, come quello di «concedersi dieci minuti al giorno di controllo del respiro, che aiutano, attraverso una ripetizione di inspirazione, espirazione e pausa — per quattro secondi ciascuno — a ridurre l’attività infiammatoria del nostro corpo, sviluppando, così, la capacità del controllo emotivo e di allontanare così lentamente una piccola quantità di stress». Preferibilmente respirando attraverso le narici e a bocca chiusa, cosa che avviene spessissimo praticando Yoga: «Così facendo, si attiva quella regione celebrale che ha un ruolo fondamentale nel controllo dell’ansia e della paura».
(Fonte: Corriere della Sera)