E’ vero. E’ un eterno Maestro.
Ed è anche un Maestro di Eternità.
A saper leggere, naturalmente, quello che dice.
Dante è attuale? Sì e no. No, perché è un uomo del Medioevo, convinto che il mondo sia stabile e la vita benedetta (ha vissuto in un’epoca in cui i pianeti ancora non erano usciti dalle loro orbite, come poi avviene nel “moderno” Shakespeare), e perché la Divina Commedia è una sintesi irripetibile di poesia e scienza. Sì, perché continua a interrogare la nostra esistenza, quasi inventando da zero una lingua rimasta miracolosamente intatta dopo otto secoli (evento unico in Europa). E come noi nel suo viaggio oltretomba è pieno di incertezze: esita, inciampa, sviene, tormenta Virgilio e Beatrice con i suoi dubbi assillanti. Ma la sua “inattualità” è per noi un angolo visuale prezioso: mette in gioco le nostre pigre categorie e ci mostra il mondo presente dal di fuori, come il viator che dal cielo di Saturno guarda in basso — “rimira in giù” — il minuscolo globo terrestre. Ad esempio: di fronte agli invidiosi del purgatorio, resi ciechi per la pena del contrappasso, decide di abbassare lo sguardo per non godere di un privilegio rispetto a loro (cioè: vederli senza essere veduto). A qualcuno dei nostri contemporanei sarebbe venuto in mente?Il Dante che resiste di più al tempo è quello “etico”, anche se fonda la morale in modo non moralistico. Ci fa una unica richiesta: non tanto astenerci dal male (impresa impossibile, poiché siamo pur sempre esseri difettosi) quanto separare il bene dal male, tra loro intrecciati ma non confondibili: il primo peccatore che incontra all’inferno è l’imperatrice Semiramis, che chiamava abusivamente “bene” ciò che le piaceva. Nell’ottica dantesca il bene non riguarda imperativi categorici o doveri astratti: significa solo dare realtà al mondo, agli altri, alla varietà della Creazione, e in essa riconoscere l’amore che tiene unito in un volume ciò che «per l’universo si squaderna». Far esistere l’altro significa rispettarne la inviolabile alterità. Dante e Beatrice attraversano magicamente la Luna — un corpo solido! —, così come un raggio di luce penetra nell’acqua senza scompaginarla: non si disegna qui un involontario paradigma della relazione con gli altri? Aggiungo che la sua visone non implica un ideale ascetico o spiritualistico. Il teologo cattolico Romano Guardini colloca decisamente Dante nel Sud del mondo: il suo paradiso non prevede il “distanziamento”, come potrebbe immaginarlo un protestante. Tutti i personaggi della Commedia non vedono l’ora di parlare con lui: attaccano bottone, domandano, esternano. Qualcuno si dimentica perfino di essere uno spirito, e tenta invano di abbracciare i corpi (Stazio con Virgilio). Il proprio corpo Dante invece se lo porta con sé anche nella luce immateriale dell’iperuranio.
Sarebbe ridicolo, e antistorico, assimilare Dante all’”agenda” della contemporaneità. Simpatizza per la vendetta privata, non si mostra particolarmente sensibile alla violenza sulle donne, crede nel Monarca unico per garantire la pace universale, elogia san Domenico che combatte con energia gli “sterpi eretici”, auspica guerre giuste ed espansioni territoriali. Eppure ammira più dei potenti chi si fece “pusillo” (san Francesco), e chi seppe mantenersi “giusto”: l’oscuro troiano Rifeo (un pagano in paradiso!) o Romeo di Villanova, ministro del re caduto in disgrazia.
Come leggere la Divina Commedia ?Suggerisco di trascurare almeno una volta il battiscopa a volte ingombrante delle note a pie’ di pagina e di leggere il testo accettando di non capire tutto, per così abbandonarsi alla musica del significato, al ritmo ternario che riproduce il divenire della realtà stessa, a un pensiero di audacia straordinaria — insofferente di qualsiasi dogma — che va continuamente oltre se stesso (per Dante “ragionare” è “poetare”).Negli Stati Uniti, il Paese della Terra Promessa e della fioritura dei Dante’s studies, si è particolarmente inclini a prendere sul serio il poema dantesco, che — ricordiamolo — non fu scritto in primo luogo per gli studiosi. Ogni verso della Commedia contiene un silenzioso appello — a volte cifrato o velato — perfino per il lettore “senza fé” del nostro tempo… Benché condizionata dagli astri e governata da una giustizia divina imperscrutabile l’esistenza è anche interamente nelle nostre mani. Sta a noi scegliere la salvezza o la rovina ( e per salvarsi basta una “lagrimetta” di pentimento — purché sia sincera — che il diavolo schernisce perché al bene non ci crede).Il viaggio rischioso e visionario del pellegrino diventa il viaggio dell’everyman. L’invito è non a una conversione religiosa ma a una conversione della mente e del cuore, a una metamorfosi: da vermi ad “angeliche farfalle”. Se pensiamo che nella modernità siamo riusciti a concepire un solo tipo di metamorfosi — da essere umano a scarafaggio —, allora potremo forse immaginare l’enorme distanza che ci separa da Dante, ma al tempo stesso la disperata necessità di non eludere il suo appello.
(Fonte: La Repubblica)