Ci sono parole che sono facili a “dirsi” e difficili a “farsi”.
Tra queste, di sicuro “solidarietà”: quell’oggetto dei doveri inderogabili declinati in ottica politica, economica e sociale di cui all’art. 2 della Costituzione della Repubblica italiana.
Facile dire di volersi “aprire” agli altri; assai più difficile rispettare “politicamente”, contribuire “economicamente”, aiutare “socialmente”.
Fanno riflettere allora le parole di quel concittadino di novanta anni che, assediato dal virus, non si sconvolge e dichiara piuttosto ai medici intenti a curarlo che vorrebbe essere “lasciato andare”, affinché le energie del personale sanitario vengano convogliate su chi è più giovane di lui.
I medici hanno dichiarato di aver ritrovato la voglia di lottare curando questo Nonnino e, alla fine, salvandogli la vita.
Non si dica che non accade l’inverso: in ottica di c.d. “solidarietà intergenerazionale”: il contest lanciato in pieno lock-down pandemico da Democrazia nelle Regole, #SiamoTuttiNipoti, ha coinvolto tantissimi giovani in una gara di vicinanza ai loro “nonni” d’Italia, di sangue e non.
La Solidarietà costituzionale è – deve essere – prima di ogni altra cosa una “cultura”, un habitus, un modo di essere, assecondando una mirabile sintesi tra l’art.2 della Carta ed il successivo art.9, alla cui stregua la Repubblica promuove proprio il dinamico “sviluppo della cultura”.
E non può essere un caso se il gesto del nostro Nonno di novanta anni è giunto in tempestiva coincidenza con il compleanno dell’Unesco – l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – che ha visto la luce il 16 novembre del 1945.
Poche regole chiare, ci salveranno tutti!