Terra!
12 ottobre 1492: si grida dai pennoni delle Caravelle, inneggiando alla scoperta dell’acqua calda… Si, di quella del Mar dei Caraibi.
Ma cambia poco per il nostro orgoglio nostrano, se è vero che è sempre un italiano, Amerigo Vespucci, a “nominare” per sempre i futuri Stati Uniti.
Storie di coraggio, di passione, di determinazione.
Storie di mare, di rischi, di tentati ammutinamenti.
Di fronte a tutto questo, chi mistificando vorrebbe “dimenticare” in onore degli indigeni massacrati (e, che lo siano stati, nessuno può negarlo), mi fa pensare in primo luogo a quel famoso detto: “dei se e dei ma, sono piene le fosse”. O all’altro, che in romanesco suona più o meno così: “Se mi nonno ch’aveva l’elica, io ero er nipote de n’elicottero”.
Da giurista, mi viene poi alla mente la teoria condizionalistica pura, stampigliata all’art.41 del codice penale, secondo cui ogni “concausa” è una causa, al pari delle altre, dell’evento che ne è scaturito.
E tuttavia – se è vero che, come dicevano i Romani, “causa causae est causa causati” – è del pari vero che non mi sentirei di incolpare la mia bisnonna per il fatto che esisto e per tutto quello che faccio.
Come dice lo stesso art.41 del codice, le cause sopravvenute – quando sono state da sole sufficienti a determinare l’evento – escludono il rapporto di causalità.
Giù le mani, dunque, dal Columbus Day!
Poche regole chiare, ci salveranno tutti.