L’ormai imminente referendum confermativo sul c.d. “taglio dei parlamentari”, come e più di ogni altro referendum, impone di osservare con attenzione i due piatti della bilancia sulla quale è destinato ad operare, in base della scelta demandata col voto ai cittadini.
E poiché l’art.138 della Costituzione ci dice che tale referendum è valido anche se, per assurdo, votassero solo 3 elettori (con la vittoria di 2 contro 1), diventa ancora più delicato capire cosa “pesa” su quei due piatti.
Cosa pesa, almeno a parole, lo sappiamo tutti.
Semplificando: da una parte il risparmio del bilancio pubblico, che deve “pagare” meno deputati e meno senatori; i quali, essendo “meno”, potrebbero – almeno teoricamente – lavorare con maggiore agilità; dall’altro, appunto, meno deputati e meno senatori: in sostanza meno “delegati” a rappresentarci nel consesso chiamato dalla Costituzione a “fare” le Leggi; a dare la fiducia al Governo; ad eleggere importanti organi costituzionali e, tra questi, il Presidente della Repubblica.
Si tratta, nondimeno, di due grandezze che – prima del voto – vanno lette in senso “relativo”, non già assoluto.
In caso di vittoria del SI, con 600 parlamentari in luogo di 945, quanto sarà in termini percentuali l’effettivo risparmio di spesa per il bilancio pubblico? La maggiore agilità operativa del Parlamento sarà solo teorica o anche “pratica” e reale? Ciascun Deputato e ciascun Senatore – una volta “rivisti” i collegi e stante anche l’esperienza attuale – saprà rappresentare degnamente il più alto numero di cittadini ormai chiamati ad eleggerlo?
Buon voto.